Lun. Nov 10th, 2025
5/5 - (3 votes)

Pasqua è voce del verbo ebraico “pèsah”, passare. Non è festa per residenti, ma per migratori che si affrettano al viaggio. Allora sia pasqua piena per voi che fabbricate passaggi dove ci sono muri e sbarramenti, per voi apertori di brecce, saltatori di ostacoli, corrieri a ogni costo, atleti della parola pace.” (Erri De Luca)
Queste parole di Erri De Luca, scrittore che amo tanto, oggi più che mai mi risuonano dentro, in fondo all’anima miste ad un turbinio di emozioni.

Pasqua vuol dire passaggio, meglio “passare oltre”, “tralasciare” e deriva dalla decima piaga d’Egitto nella quale il Signore ordinò agli ebrei di segnare la porta dell’uscio di casa con il sangue dell’agnello affinché l’angelo sterminatore passasse oltre per colpire così solo le case degli Egizi e, in particolar modo, i primogeniti maschi, compreso il figlio del faraone (Esodo, 12,21-34).
Ma oggi la possiamo intendere anche come passaggio epocale, come cambiamento, anche travagliato, a seconda dei riferimenti che gli vogliamo dare e/o degli ambiti in cui vogliamo usarlo.
Facile leggere tra queste parole il riferimento a chi si adopera negli aiuti umanitari di ogni genere, a chi fa della propria vita una vera missione nel salvare gli ultimi, quelli dimenticati su questa terra, a chi si adopera ancora affinché la parola pace non resti solo un’idea vuota e ripetitiva senza essere trasformata in un’azione reale atta a realizzare davvero un cambiamento radicale, un passaggio epocale.  E chi conosce davvero la storia, quella che va oltre il semplice manuale scolastico, non può evitare di pensare all’immane deriva verso la quale stiamo navigando, non può ignorare i venti disastrosi che stanno soffiando da tempo sul nostro paese e nel mondo intero, venti disastrosi e sempre più pericolosi. E non può evitare di porsi domande. Ma può farlo solo chi sa cogliere i segnali che si fanno sempre più evidenti, solo costoro. Gli altri si affannano dietro le loro infruttuose e polemiche diatribe politiche e ignorano compiacendosi del loro affabulare, spesso violento, sgrammaticato e privo di contenuti. Non voglio soffermarmi sul perché.

PASQUA, PASSAGGIO E CAMBIAMENTO – E il giorno dopo Pasqua papa Francesco ha lasciato questa terra e credo che la notizia non abbia lasciato indifferente alcuno, credente o non credente, anticlericale o missionario, predicatore o gente del popolo. Già perché nessuno non può aver visto nella figura di questo grande uomo, che ritengo di definire tale benché non creda nella chiesa cattolica, l’ultimo baluardo, l’ultima luce nella terribile deriva di cui dicevo prima. Perché è stato un papa rivoluzionario, forse il primo e ultimo, che ha tentato di riformare un’istituzione e di riportare la chiesa al servizio degli ultimi, dei poveri.
Nel 2013 aveva ereditato una chiesa in pieno caos perché erano finalmente venuti a galla scandali e nefandezze, truffe e occultamenti, per non parlare dello IOR. Ci ha provato in ogni modo, parlando, redarguendo, mostrando con il suo comportamento di rinunciare al grande palazzo e a molta della simbologia in cui il regno del vaticano si è sempre orpellato. Ha cercato di essere uno del popolo parlando di pace e di uguaglianza, di fratellanza e di umanità. Ha dato l’esempio visitando Lampedusa, parlando ai migranti, urlando contro chi vuole costruire muri e barriere, contro chi deporta in catene uomini e donne “non graditi”, contro chi fa strage di innocenti a Gaza e in Ucraina, contro le lobby che armano le mani dei soldati dei potenti. Spesso nelle sue udienze malati, poveri e migranti, popolazione devastate dalla guerra sono stati al centro delle sue riflessioni, bucando spesso il protocollo e andando a braccio senza seguire il testo.

PASQUA COME PASSAGGIO EPOCALE – Come quando il 17 maggio 2023 durante il suo andare tra la gente, dai megafoni di Piazza san Pietro fu lanciata “Bella Ciao” che Francesco cominciò ad intonare. Già perché anche Francesco parlava di libertà, come “Bella Ciao”. E pensare che ora dal governo ci si chiede di festeggiare gli 80 anni del 25 aprile con “sobrietà” strumentalizzando la morte di Francesco. Penso che avrebbe fatto sentire la sua voce anche in questa occasione.

RESURREZIONE, RINASCITA, PACE – E che non siano solo parole vuote, messaggi inoltrati preconfezionati assieme alle immagini di uova e pulcini pasquali e colombe della pace.
Soffermiamoci a riflettere, poniamoci domande, restiamo umani in questa deriva, proviamo davvero a fare questo “passaggio” attraverso i muri e le barricate che coloro che detengono il potere continuano a costruire.
È a causa proprio dei potenti che viene meno il diritto che per Kant era quello di garantire una pace perpetua, poiché il filosofo di Königsberg pensava che la pace fosse la conseguenza “necessaria” della naturale costituzione dell’essere umano.
Nella concezione di Kant questa costruzione del diritto risponde ad un preciso principio della ragion pratica: “non ci deve essere guerra” né tra gli individui nello stato di natura, né tra gli Stati, perché “non è questo il modo in cui ognuno deve cercare il suo diritto”. Ecco perché sarebbe necessario agire in modo da realizzare quella “pace perpetua” di cui ci parla Kant. “La pace universale è “lo scopo finale” della dottrina del diritto”, il “più alto bene politico. (Kant, Metafisica dei costumi).

LA NECESSITÀ DI UN PASSAGGIO EPOCALE Pasqua è voce del verbo ebraico “pèsah”, passare. Non è festa per residenti, ma per migratori che si affrettano al viaggio. Da non credente vedo le persone di fede così, non impiantate in un centro della loro certezza ma continuamente in movimento sulle piste. Chi crede è in cerca di un rinnovo quotidiano dell’energia di credere, scruta perciò ogni segno di presenza. Chi crede, insegue, perseguita il creatore costringendolo a manifestarsi. Perciò vedo chi crede come uno che sta sempre su un suo “pèsah”, passaggio. Mentre con generosità si attribuisce al non credente un suo cammino di ricerca, è piuttosto vero che il non credente è chi non parte mai, chi non s’azzarda nell’altrove assetato del credente. Ogni volta che è Pasqua, urto contro la doppia notizia delle scritture sacre, l’uscita d’Egitto e il patibolo romano della croce piantata sopra Gerusalemme. Sono due scatti verso l’ignoto. Il primo è un tuffo nel deserto per agguantare un’altra terra e una nuova libertà. Il secondo è il salto mortale oltre il corpo e la vita uccisa, verso la più integrale resurrezione… Io inciampo e resto fermo, il Sinai e il Golgota non sono scalabili da uno come me, che pure in vita sua ha salito e sale cime celebri e immense. Restano inaccessibili le alture della fede. Allora sia Pasqua piena per voi che fabbricate passaggi dove ci sono muri e sbarramenti, per voi apertori di brecce, saltatori di ostacoli, corrieri a ogni costo, atleti della parola pace. (Erri de Luca)

Buon passaggio a tutti, se ne avremo la forza, o meglio, la volontà.

Il cambiamento inizia prima dal nostro io, dalla nostra quotidianità. Non stanchiamoci di ricordare ai nostri giovani che la libertà è stata duramente conquistata dai nostri padri e dai nostri nonni, una conquista che va difesa strenuamente, senza se e senza ma. Questo è il significato della ricorrenza del 25 aprile.
Buona festa della liberazione! 

di Pia Maggi

Laureata in Pedagogia nel 1988 e docente di storia e filosofia presso il Liceo Moscati di Grottaglie.

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *