«Non avere il ponte oggi sarebbe una follia. Io penso che chi dice no al ponte oggi, nel 2025, sia contro l’Italia, contro il progresso, contro la modernità, contro lo sviluppo e fuori dal tempo» ha affermato con la consueta intransigenza il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini.
Lo scorso 6 agosto il CIPESS (Il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) ha approvato il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto di Messina. Come molti già sanno, parliamo di un ponte sospeso a campata unica (la più lunga al mondo nella sua categoria) progettato per ospitare sia il traffico stradale che quello ferroviario, e per collegare stabilmente Sicilia e Calabria, integrandole nella rete transeuropea dei trasporti (TEN-T) e nel corridoio Scandinavo-Mediterraneo. Webuild, azionista di maggioranza di Eurolink, afferma che entro il 2025 «saranno avviate le attività preliminari, propedeutiche alla realizzazione dell’opera, ovvero le viabilità locali, la risoluzione delle interferenze, la bonifica degli ordigni bellici, le indagini archeologiche, geognostiche e geotecniche e la predisposizione delle cantierizzazioni».
Oggi cercheremo di capire di che cosa stiamo parlando, cos’è esattamente questo progetto, in che cosa consiste e quali sono i suoi elementi principali. Inoltre, tracceremo un quadro generale delle opinioni espresse dagli operatori più autorevoli (analisti, tecnici e politici), così da permettere ai nostri lettori di cominciare almeno a farsi un’idea della complessità di questa vicenda.
COSA PREVEDE IL PROGETTO DEFINITIVO – Il progetto definitivo del Ponte sullo Stretto di Messina descrive un’infrastruttura dalle dimensioni record e dalla complessità ingegneristica senza precedenti in Italia. Si tratta, come già accennato qualche riga più sopra, di un ponte sospeso a campata unica (in cui la parte centrale è un unico tratto continuo, senza piloni o appoggi intermedi in acqua) lungo complessivamente 3.666 metri, di cui 3.300 senza alcun sostegno in mare.

Questa soluzione è resa possibile da due torri alte 399 metri collocate sulle sponde calabrese e siciliana (rispettivamente Torre Faro e Villa San Giovanni), e consente di garantire un franco navigabile di 72 metri – vuol dire che le navi potranno passare sotto la campata centrale se la loro altezza massima dalla linea di galleggiamento in su non supera i 72 metri. L’impalcato (larghezza 60,4 metri) ospiterà tre corsie stradali per senso di marcia più due corsie di emergenza, e al livello inferiore due binari ferroviari, permettendo il transito simultaneo di veicoli e treni. La capacità stimata è di 6.000 veicoli l’ora e fino a 200 treni al giorno, inclusi convogli merci lunghi 750 metri.
Dal punto di vista strutturale, il ponte sarà sostenuto da quattro cavi principali in acciaio del diametro di 1,26 metri, ancorati in colossali blocchi di calcestruzzo sulle due sponde. Sul fronte della sicurezza, il progetto prevede una resistenza a venti oltre i 200 km/h e a terremoti fino a magnitudo 7.1, pari al massimo evento sismico registrato nell’area nel 1908 (si veda il terremoto di Messina).
Per arrivare a queste prestazioni, sono state condotte circa 400 indagini geologiche, geotecniche e sismiche, con oltre 300 elaborati tecnici.
Oltre alla struttura principale del ponte, il progetto prevede un ampio pacchetto di opere connesse e infrastrutture di supporto. Tra queste rientrano interventi di viabilità secondaria e di collegamento ferroviario per circa 40 chilometri complessivi tra Calabria e Sicilia. Sono previste inoltre riqualificazioni ambientali e urbane: più di 10 km di ripascimento delle coste messinesi in erosione, recupero di ex cave abbandonate e circa 400.000 m² di parchi urbani, oltre alla realizzazione del Nuovo Centro Direzionale in Calabria.

Come già anticipato, l’intero progetto è pensato per inserirsi nella rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), all’interno del corridoio Scandinavo-Mediterraneo, e punta a unire in maniera stabile Sicilia e Calabria integrandole nel flusso logistico continentale. Il costo complessivo è stimato in 13,5 miliardi di euro (somma che include anche i costi delle opere connesse, delle opere di mitigazione, dell’esproprio e delle altre voci di costo). La conclusione dei lavori è prevista per il 2032.
GLI ASPETTI ECONOMICI, TRA COSTI E RICAVI – L’investimento previsto è imponente: secondo i documenti ufficiali e le stime più recenti, il costo si attesta attorno ai 13,5 miliardi di euro, cifra che potrebbe salire fino a 14,6 miliardi per effetto dell’inflazione e di possibili extracosti. Il finanziamento sarà interamente a carico dello Stato e distribuito su più annualità fino al 2032.
Sebbene le cifre siano il vero e proprio pomo della discordia, scegliamo di citare i risultati di alcuni report e studi, quantomeno per dare un’idea ai lettori del perimetro economico di riferimento. L’analisi del Centro studi di Unimpresa prevede ricavi annui compresi tra 535 e 800 milioni di euro, generati dal pedaggio di circa 25 milioni di veicoli e 36mila treni ogni anno, con tariffe ipotizzate di 10 euro per le auto e 20 per i camion. L’utile operativo stimato è di circa 100 milioni l’anno, il che significa che il rientro dell’investimento avverrà in circa trent’anni e solo combinando incassi diretti, benefici indiretti e impatti fiscali. L’effetto sul PIL regionale sarebbe moderato: meno dell’1% per la Sicilia e tra l’1,4 e il 2,3% per la Calabria, con ricadute potenzialmente positive legate alla capacità di creare un ecosistema logistico integrato, potenziare porti e ferrovie, e migliorare l’accessibilità interna.
QUALI BENEFICI SI ATTENDONO – Secondo le stime contenute nello studio costi-benefici e nelle valutazioni commissionate da Unioncamere, il progetto rappresenta un potenziale volano di sviluppo per l’intero sistema economico nazionale. Come anticipato nelle righe precedenti, l’opera si colloca all’interno del corridoio transeuropeo “Scandinavo-Mediterraneo” della rete TEN-T, completando un asse strategico che va da Helsinki a La Valletta.
Oltre agli aspetti economici e logistici, diversi osservatori sottolineano anche il valore geopolitico dell’opera. In questa prospettiva, connettere stabilmente la Sicilia al resto d’Italia significherebbe restituire centralità strategica al Paese e contrastare la tendenza alla disconnessione delle periferie dal nucleo centrale. La riduzione dei tempi di attraversamento (dagli attuali 1-2 ore medie con i traghetti a circa 15 minuti via ponte), inoltre, dovrebbe abbattere quello che Unioncamere definisce un «dazio permanente» per le imprese e i flussi passeggeri, incidendo positivamente sulla competitività delle filiere logistiche e manifatturiere del Sud.
Sul piano occupazionale, i cantieri del ponte e delle opere connesse dovrebbero generare migliaia di posti di lavoro annui durante la fase di costruzione (sulla quantificazione esatta di questo dato troverete delle divergenze, di cui diamo conto nel paragrafo “Opinioni e dibattiti sul tema”). A regime, il ponte potrà sostenere l’incremento dei collegamenti ferroviari a lunga percorrenza, favorendo il trasferimento modale dalla gomma al ferro e contribuendo alla riduzione delle emissioni climalteranti nel medio-lungo periodo, a condizione che la rete ferroviaria interna a Sicilia e Calabria sia adeguatamente potenziata.
Gli studi di Unioncamere sottolineano anche il potenziale di “integrazione sociale” derivante dall’eliminazione di una barriera geografica che da sempre ha ostacolato la continuità territoriale italiana.
LE CONTESTAZIONI E LE CRITICITA’ – Secondo Greenpeace, Lipu, Legambiente e WWF Italia, si tratta di un “azzardo” sia per motivazioni economiche, sia per l’elevato grado di incertezza progettuale: analisi dirimenti e test essenziali, come le prove a fatica sui cavi e gli approfondimenti sismici prescritti dalla Commissione VIA, sono rinviati alla fase esecutiva.
Per le associazioni ambientaliste le dichiarazioni trionfalistiche del Governo e del Ministro Salvini rientrano, in un quadro di propaganda politica, già smentito dai numeri e dai documenti progettuali. Sottolineano che ad oggi il parere della Corte dei Conti non è stato ancora espresso, mentre la cosiddetta “apertura dei cantieri” riguarderà solo interventi preliminari. La modifica legislativa che consente la cantierizzazione per fasi (il cosiddetto progetto spezzatino) lascia aperta fino all’ultimo l’incognita sui risultati delle verifiche tecniche richieste.
Il quadro finanziario è un altro nodo contestato. Il progetto è stimato in 13,5 miliardi di euro, cifra rimasta invariata dall’agosto 2023 all’agosto 2025, nonostante l’aumento dei costi e l’inflazione – alcune stime indipendenti ipotizzano un incremento fino a 14,6 miliardi di euro. Di questi, oltre 6 miliardi proverranno dal Fondo di Sviluppo e Coesione, inclusi 1,6 miliardi di competenza delle Regioni Sicilia e Calabria, fondi normalmente destinati a ridurre le disparità territoriali e a finanziare welfare e servizi locali.
Anche la gestione contrattuale solleva perplessità. Il consorzio Eurolink (vincitore dell’appalto nel 2005 quando il ponte era stimato in 3,8 miliardi) ha ottenuto l’affidamento senza nuova gara grazie a un’interpretazione normativa oggetto di contestazione.
Sul piano delle alternative, le associazioni ambientaliste sottolineano che un rilancio del trasporto marittimo nello Stretto, con traghetti e aliscafi di nuova generazione, a basso impatto ambientale e adeguati ai convogli ferroviari moderni, costerebbe circa un terzo del ponte e garantirebbe maggiore flessibilità per le esigenze locali.
Da ultimo, Greenpeace, Legambiente, Lipu e WWF parlano di «impatti irreversibili e non mitigabili» e contestano il ricorso alla deroga per «motivi imperativi di rilevante interesse pubblico», che avrebbe finito per attribuire al ponte effetti miracolosi su PIL, occupazione, trasporti e perfino sanità. Le associazioni annunciano nuove azioni legali in tutte le sedi disponibili, affinché non si sprechino miliardi in «un’opera inutile» mentre il trasporto pubblico italiano versa in condizioni sempre più critiche.
OPINIONI E DIBATTITI SUL TEMA – Il dibattito vede – come è frequente in tutti i luoghi e per tutte le opere – schieramenti netti e spesso contrapposti. Sul fronte politico, la coalizione di centrodestra sostiene compatta il progetto. Il ministro Matteo Salvini, che è il principale sponsor dell’opera, l’ha definita «il più grande progetto infrastrutturale dell’Occidente», promettendo fino a 120.000 posti di lavoro all’anno e un impatto decisivo sulla competitività del Mezzogiorno. Il sito di fact checking Pagella Politica sostiene, invece, che la cifra corretta riguarda 120 mila unità lavorative annue (ULA), che non equivalgono a occupati effettivi. Distribuite sui circa sette anni di cantiere (2026-2032), significano una media di 4.300 lavoratori l’anno, con picchi fino a 7.000. Stime alternative, come quella di OpenEconomics, parlano di 36 mila occupati totali in otto anni.
Giorgia Meloni ha ribadito il sostegno storico di FdI, mentre Antonio Tajani ha avanzato l’ipotesi di intitolarlo a Silvio Berlusconi. Sul fronte della società civile, Greenpeace, Lipu, Legambiente e WWF Italia hanno intrapreso ricorsi a livello europeo e nazionale, denunciando rischi ambientali irreversibili, vulnerabilità sismiche, costi fuori controllo e possibili infiltrazioni mafiose. Le proteste hanno visto migliaia di persone scendere in piazza a Messina per dire no al progetto, chiedendo piuttosto investimenti su altri fronti.
Dal punto di vista tecnico-scientifico, il Comitato Scientifico del MIT ha individuato 68 criticità nel progetto definitivo, raccomandando approfondimenti sulle analisi di vento turbolento, valutazioni sismiche, prove sui materiali e interazioni traffico-vento, da svolgere prima del progetto esecutivo. Strutturisti e ingegneri come Salvo Di Paola, Emanuele Codacci Pisanelli, Mario de Miranda, Santi Rizzo, Federico M. Mazzolani e Antonino Risitano insistono sulla necessità di condurre queste verifiche preliminari, per evitare che eventuali problemi emergano in corso d’opera con costi e rischi aumentati.
Da parte sua, Pietro Ciucci, presidente della società Stretto di Messina, rassicura che tutte le verifiche saranno svolte nella fase esecutiva e che i test indicano la capacità del ponte di resistere a venti oltre i 200 km/h e a terremoti paragonabili a quello del 1908. Posizioni favorevoli arrivano anche dal mondo accademico: l’ingegnere Enzo Siviero, ad esempio, ritiene l’opera tecnicamente realizzabile e ha partecipato a conferenze insieme ai vertici di Webuild e ai presidenti delle Regioni Sicilia e Calabria.
Lucio Caracciolo, analista geopolitico di grande pregio, afferma che lo Stretto di Sicilia è «uno degli spazi più rilevanti al mondo», nodo centrale nel Mediterraneo che collega Atlantico e Indo-Pacifico, e il cui controllo è essenziale in un contesto di competizione globale tra Stati Uniti, Cina e Russia. Puntare sul ponte, sull’espansione dei porti siciliani e sull’alta velocità da Bolzano a Trapani rappresenta il minimo sindacale per non abbandonare il Sud a sé stesso e all’influenza di potenze straniere.
LE PROSSIME FASI E IL (NOSTRO) GIUDIZIO SOSPESO – L’iter procedurale prevede ancora diverse fasi. La prima riguarda la Corte dei Conti, chiamata a verificare la legittimità degli atti e la regolarità delle procedure, con un avvio atteso entro due mesi. Seguiranno i cantieri propedeutici, comprendenti interventi su viabilità locale, rimozione di ordigni bellici, indagini archeologiche e geotecniche, e predisposizione delle aree di cantiere. Parallelamente inizierà la redazione del progetto esecutivo, della durata stimata di due anni, che dovrà recepire le 62 prescrizioni della Valutazione di Impatto Ambientale e le richieste degli enti locali, includendo 40 km di opere di connessione tra Calabria e Sicilia.
Sul fronte internazionale, Bruxelles sta esaminando la documentazione ambientale inviata dall’Italia a giugno per valutare la compatibilità dell’opera con la tutela della biodiversità. Intanto sono già avviate le procedure di esproprio: 14 comuni coinvolti, con oltre 400 edifici da abbattere tra Villa San Giovanni e Torre Faro. Da ultimo, rimane l’incognita dei ricorsi giudiziari, che potrebbero essere presentati da privati, comitati ambientalisti e movimenti “no ponte”, con potenziali ripercussioni sui tempi di realizzazione.
Come solitamente facciamo nei nostri approfondimenti, scegliamo di non assumere una posizione rigida, preconcetta. Porteremo avanti – con esperti, tecnici, politici ed accademici – delle analisi mirate e delle interviste multidisciplinari. Così che i nostri lettori e i nostri ascoltatori possano ottenere da noi la cosa più importante nell’informazione indipendente: la possibilità di scegliere da che parte stare in maniera consapevole.

