Articolo della professoressa Annachiara Borsci.
Educare ha diverse declinazioni e significati, ma l’obiettivo universale ha a che fare con la sfera della libertà. La libertà è consapevolezza, e la consapevolezza si genera dalla conoscenza.
L’educazione sessuo-affettiva a scuola è un tema di grande rilievo sociale, culturale e politico, essa riguarda il modo in cui le istituzioni scolastiche affrontano la formazione delle giovani generazioni sul piano della consapevolezza corporea, relazionale, affettiva e sessuale.
L’educazione sessuo-affettiva è un percorso formativo che promuove la conoscenza del corpo e della sessualità in chiave scientifica e non stigmatizzato, favorendo il rispetto di sé e dell’altro, contro ogni forma di violenza, discriminazione o stereotipo di genere. Il volto dell’altro si riconosce all’interno di una sfera globale di comportamenti e di presenza corporea, attraverso la quale noi comunichiamo con l’altro e presentiamo noi stessi.
La scuola come luogo di formazione pubblica offre gli strumenti di conoscenza per sviluppare competenze personali, ma soprattutto di natura sociale, come l’empatia, il consenso, la comunicazione assertiva. Attraverso la collaborazione con esperti e professionisti in diversi campi dello scibile è possibile gettare basi solide per prevenire comportamenti a rischio, come gravidanze precoci, malattie sessualmente trasmissibili, bullismo omotransfobico, abusi e violenze.
Non si tratta solo di “parlare di sesso”, ma di educare all’affettività, al riconoscimento delle emozioni, dei limiti, del rispetto e della responsabilità.
L’Italia, a differenza di molti altri Paesi europei, non ha una legge nazionale organica che renda obbligatoria l’educazione sessuale o affettiva nelle scuole. Il risultato finale è quello che lascia l’Italia nel limbo dell’attuazione, la questione è a macchia di leopardo perché dipende dalla sensibilità dei dirigenti, dalle regioni, dalle collaborazioni con ASL, consultori, associazioni o enti del terzo settore.
Nei Paesi Bassi, in Svezia, in Danimarca, in Germania l’educazione sessuale è obbligatoria e inizia sin dalla scuola primaria, con approcci basati su diritti, consenso e benessere. In Francia e in Spagna sono previsti programmi ministeriali vincolanti che comprendono la dimensione affettiva, emotiva e di genere.
Un approccio moderno all’educazione sessuo-affettiva consentirebbe la promozione di una conoscenza di natura scientifica, sia dal punto di vista biologico che psicologico.
Una testa ben fatta, come direbbe Morin, è più efficace di una testa ben piena, questo ci consente di direzionale l’educazione in una prospettiva globale del singolo, al fine di fornire basi preziose per orientare la sua azione nel mondo, con gli altri, in vista di un orizzonte di rapporti inclusive.
Includere significa mostrare attenzione alla pluralità di identità di genere, agli orientamenti sessuali e alle culture familiari, è non può essere relegato a un singolo incontro, ma parte integrante del percorso educativo.
Vietare, rimandare e procrastinare rischia di alimentare pregiudizi, tabù, visioni moralistiche o religiose che confondono l’educazione sessuale con la “promozione” di comportamenti sessuali. La scarsa collaborazione tra famiglie, scuola e istituzioni può sfociare in una contrapposizione ideologica.
L’educazione affettiva non è un tema “di costume”, ma un diritto educativo e di cittadinanza, parte integrante della formazione della persona perché si basa sulla libertà, la responsabilità, il rispetto, la salute e la dignità. Come scriveva Paulo Freire, “educare significa liberare”: e la libertà passa anche dal corpo, dalle emozioni e dal riconoscimento reciproco.
Non lasciamo che sia la marea della rete a travolgere la sfera emotiva, sessuale e affettiva delle giovani generazioni in erba, cerchiamo di fare da filtro con le nostre competenze e con gli strumenti validi per accompagnarli nel mondo.
Conoscere è meglio che censurare.

