Una penna si sveglia a mezzogiorno tutta scazzata, reduce da una notte insonne, e decide che è il momento di deformare la realtà che la circonda. È una penna che non vuol sentir ragioni, dice le cose che non puoi dire davanti a tutti.
Quadretti ospita ciò che le passa per la testa, anzi soprattutto per lo stomaco. In questa rubrica si sorriderà, si storcerà il naso, si lavorerà d’immaginazione. Tutto questo in letture che vi ruberanno sì e no un paio di minuti. Pronti?
Per il compleanno del cugino di secondo grado dello zio di mio padre si andava sempre in campagna. Ogni anno, a qualsiasi costo e temperatura, andava così, da che ho memoria. A maggio, nel mese della Madonna. Bisognava conciliare poi la festa della mamma e incrociare le domeniche papabili. A volte non era praticabile e si finiva a giugno, ma non senza riluttanza, tant’è che, quando accadeva, lo scontento dilagava tra le tribune dell’assemblea plenaria. Le nonne prendevano allora la parola per prime, assise in mezzo alle mamme coi neonati da svezzare, perché passato il santo passa la festa, non occorreva darsi tanto da fare dopo un mese di ricorrenza. Poi intervenivano le prozìe ad avallare la tesi delle nonne, adducendo che d’estate è meglio evitare di accendere il forno. Difatti, si mettevano a friggere. E, soprattutto, non era il solstizio a sancire l’inizio dell’estate, ma il cambio stagione della prozìa maggiore, che contagiava a macchia d’olio tutte le altre sorelle tranne una, che non mollava fino a giugno inoltrato perché aspettava invece il solstizio. Insomma, poco importavano a quelle le temperature effettive, perché una stagione iniziava e finiva a seconda del valore prescrittivo attribuito all’una o all’altra consuetudine della prozìa di turno. Una sovversiva la scovavano sempre, solitamente era quella del solstizio, una bastian contraria nata. E questa era la stessa zia che fino al 21 dicembre non si azzardava ad accendere i termosifoni. D’altronde, la sua fortuna era abitare in Puglia. Difatti, ai tempi, la locuzione nominale “riscaldamento globale” non esisteva neppure lontanamente nell’archivio lessicale dei presenti. Così come “non ci sono più le mezze stagioni”. Ai tempi, ce n’era una parvenza di sicuro più convincente.