Nel mondo classico un’importanza spirituale di rilievo è attribuita al culto di Dioniso, dio della vegetazione, dell’uva e del vino.
Esistono più versioni circa la sua nascita, la più comune lo ritiene figlio di Zeus e Semele, figlia di Cadmo, re di Tebe, sedotta dal re degli dei e sottoposta all’ira della moglie Era. Quest’ultima, scoperto il tradimento ingannò Semele, già incinta di sei mesi, istigandola a farsi rivelare da Zeus la sua vera natura. Quando il dio le si rivelò in tutta la sua grandezza e bellezza divine, l’ingenua fanciulla ne fu folgorata all’istante, costringendo il dio a tentare di salvare il feto cucendolo nella sua coscia con l’aiuto di Efesto al fine di salvaguardarne la crescita. Giunto a maturazione lo partorì all’interno di una caverna, per tal motivo Dioniso è anche nominato come colui che “nacque due volte”. L’infante venne affidato ad Ermes per tutelarlo dall’ira di Era e poi cresciuto dalle Ninfe, che lo trasformarono temporaneamente in un capretto per celarne l’identità.
Il suo culto giunse in Grecia dalla Tracia e si diffuse rapidamente, incarnava l’esultanza selvaggia e naturale della vigna, l’intensità dell’ebbrezza e l’irrazionale slancio vitale delle passioni. Dioniso è il dio del ciclo vitale, dei fluidi che scorrono nel mondo animale e vegetale, è il simbolo del ciclo morte-rinascita, sospeso tra l’essere e il nulla.
Ha il potere di trasmutarsi, per tal motivo è un simbolo di forza viva e di abbandono mistico, tanto da attrarre contadini, élite intellettuali e politici. È spesso raffigurato come un dio giovane, barbuto e con lunghi capelli, seduto, in piedi o anche adagiato sul klìne nell’atto di sollevare con la mano una coppa di vino, oppure semplicemente raffigurato da una maschera cava che sorride. Dioniso è un dio che affascina e che non può essere evitato, rappresenta l’alter ego di ognuno, il sottosuolo dell’energia spirituale che si cela e che non appare. Evoca la musica, tanto da essere descritto dal filosofo Nietzsche come l’emblema del coro, apice della tragedia greca, che conserva una sintesi perfetta con il testo, incarnato dall’armonia del dio Apollo. Dionisiaco e apollineo sono la fusione perfetta dell’autenticità della tragedia greca delle origini, che fondeva equilibrio ed ebbrezza per rappresentare la complessità delle vicende umane. Ad entrambi gli dei sono attribuiti oracoli, in quanto fonte di ispirazione, quello di Delfi, notoriamente ispirato ad Apollo, in realtà era riservato a Dioniso nei mesi invernali, quando il dio emerge per seminare le vigne.
Dioniso è duale, per certi aspetti iracondo e punitivo, liberatore invece quando permette l’estensione di una follia terapeutica per l’anima. Da ciò nascono i riti orgiastici in cui, dopo un periodo di astinenza e castità, ci si concede libertà nel bere, spesso in modo eccessivo, per indurre uno stato di possessione e di follia.
Fra i misteri greci il culto di Dioniso era il più celebre, aperto a tutti e non realizzato in luoghi di culto specifici, ma ovunque ci si radunasse per compiere culti sospesi tra la vita e la morte. Dioniso è il dio dell’eterno ritorno, a cui potevano dedicarsi anche le donne per liberarsi dalle censure della società e della morale comune, in cui inebriate e scomposte, danzavano seminude.
Nella tradizione romana Dioniso è identificato con Bacco, per il suo carattere chiassoso ed energico, da cui traggono origine le feste chiamate baccanali, dove si poteva godere dell’ebrezza scaturita dal vino e dai suoi poteri, oltre che annegare angosce e pene in uno stato di delirio indotto dall’alcol.
O amato fanciullo, prendi le tazze variopinte, perché il figlio di Zeus e Semele, diede agli uomini il vino per dimenticare i dolori. (Alceo, Odi, traduzione di Salvatore Quasimodo)
Ode a Dioniso, dio dell’ambivalenza della vita, della trasformazione, della trasmutazione, che ispira artisti e poeti, che infonde la vitalità e la tragicità nelle vicende umane.
Dioniso, il più divino e al contempo il più umano, troppo umano.