Discendiamo da una colpa originaria, da un male radicale e radicato, ci hanno raccontato di donne disobbedienti che hanno trascinato l’umanità intera verso la colpa, punto di partenza verso la costruzione di un’immagine identitaria che ha considerato il ruolo femminile alla stregua dell’obbedienza e della sottomissione al maschio.
Dalla disobbedienza di Pandora a quella di Eva si è delineato un ruolo di inferiorità del genere femminile rispetto al “maschile”, donne tentatrici, sessualizzate nella colpa morale e nel corpo, relegate a mogli, madri, sante e al contempo prostitute.
Donne che hanno distribuito il male nel mondo, condannate a partorire con dolore e ad essere sottomesse al maschio, donne che non potevano studiare, leggere, esercitare nessuna professione che non fosse incarcerata entro le mura domestiche. Donne ignoranti ed ignorate, donne arse al rogo, donne che ammaliano e provocano guerre, come Elena di Troia, tale nella derivazione geografica e nell’appellativo di condanna per cattivi costumi, un marchio generato per offendere e per controllare la condotta femminile, con l’unico scopo di tenere in piedi una società controllata e conforme alle regole indotte dal potere dominante.
Le donne sono diventate intelligenti nella storia, donne che ingannano, che con i loro capricci di uguaglianza disturbano e minano gli equilibri di una morale solida e ben costruita dai maschi forti, che lavorano e difendono i territori, non solo degli stati, ma anche dei clan, delle tribù e delle famiglie.
Da quando le donne hanno deciso di disobbedire non ci sono più regole, religioni, rispetto, unità familiare, perché studiano, insegnano, operano, progettano, dirigono, votano, ma che hanno in testa? Non partoriscono più, quando lo fanno sono vecchiotte, pretendono di allevare la prole, di lavorare, di essere pari al maschio, non c’è più equilibrio.
“Queste” si sono messe in testa di poter fare tutto, di reggere il mondo a testa alta, e ci sono pure riuscite!
Sono cittadine attive, hanno lottato per i loro diritti, per cui ora votano e si candidano, hanno diritto alla contraccezione, all’aborto, al divorzio, ai diritti della maternità, al salario adeguato alle loro competenze, ma che mondo è?
Un mondo che abbandona le tradizioni, che sconvolge gli equilibri, che si fonde per difendere i diritti naturali, come la vita, la libertà e l’uguaglianza. Un mondo dove non ci sono più schiavi, non ci sono più esseri ritenuti inferiori, come i neri e le donne, una storia che prosegue ancora sulla disobbedienza di Eva, colei che ha osato sfidare l’autorità divina, che ha mangiato il frutto della conoscenza e che ha guidato l’umanità verso la scienza e il disvelamento della verità.
Donne che corrono veloci, donne che non possono invecchiare, donne che devono prendersi cura dell’altro per decisione prestabilita, donne che poi non servono più quando sono stanche di tanto incarnare.
Il “Secondo sesso”, opera del 1949 di Simone de Beauvoir, filosofa femminista, esistenzialista e compagna intellettuale del filosofo Sartre, irrompe nella descrizione della condizione femminile analizzandone gli sviluppi in senso biologico, psicoanalitico, filosofico, storico e sociale, denunciando la costruzione del femminile dal punto di vista culturale, dove la donna è definita come “Altro” rispetto all’uomo che si pone come soggetto e misura del mondo. Testo che suscitò scandalo negli ambienti conservatori e religiosi del tempo, ha profondamente influenzato la costruzione identitaria della donna a partire dalla seconda metà del Novecento, proponendosi come faro e guida dei movimenti di emancipazione femminile degli anni successivi.
“Donne non si nasce, lo si diventa” (Simone de Beauvoir), è un’espressione che racchiude ancora oggi il tentativo di una costruzione identitaria femminile che riesca ad emanciparsi dagli schemi imposti dalla società dell’ordine. Ogni volta che una donna non si comporta come uno zerbino, viene tacciata di “femminismo”, così Isabel Allende, scrittrice contemporanea, descrive le ancora esistenti resistenze di fronte alla disobbedienza della donna rispetto alle strutture imposte da una mentalità che non include, ma tenta sempre di escludere.
La donna è soggettività, non simbolo, è attrice ed autrice del proprio destino, sceglie di essere ciò che desidera, di amare chi vuole, di abbandonare quando necessario, nel tentativo di liberarsi dai ruoli predefiniti.
Il femminile, oltre che genere, si configura come una lotta per contrastare i pregiudizi, le limitazioni, le violenze verbali e fisiche, le categorie che imprigionano gli esseri umani nelle limitazioni di società rigide e disuguali.
Le donne non sono più streghe, sante, peccatrici, muse, dee, ingannatrici, stanno riscrivendo la storia e con essa il futuro di un’umanità che vuole essere cosmopolita nei diritti inalienabili.
Donna è tutto ciò che dona vita e che si ribella.
Disobbedite.
Disobbedite ogni volta che un sistema cerca di normalizzarvi, perché la morale non è una legge divina, ma una costruzione umana, troppo umana, al di là del bene e del male, ed è proprio all’interno di questo orizzonte che probabilmente si cela la verità.
“L’identità è un gioco di maschere e profondità; l’uomo nobile non si svela completamente, ma gioca con le apparenze”.
(Aforisma 40, Al di là del bene e del male, Nietzsche)
E nonostante la situazione della donna è migliorata tanto,abbiamo sempre da lottare e supportare qualcosa,secondo il Mio parere,dobbiamo essere perfette non ci e perdonato sbagliare ecc.